
26 le misure cautelari eseguite questa mattina, emesse dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica capitolina.
La vasta operazione si è svolta su Roma e provincia, nella regione Lazio e nelle province di Cosenza e Agrigento. Le misure cautelari sono scattate nei confronti di 26 persone (24 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), gravemente indiziate, a vario titolo, di far parte di un’associazione criminale di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), di sequestro di persona (artt. 110, 605, 416 bis 1 c.p.), di fittizia intestazione di beni (artt. 110, 512 bis, 416 bis 1 c.p.) e altro.
Gli indiziati farebbero parte di una cosiddetta “locale” di ‘ndrangheta di Roma (anche denominata “distaccamento”), fortemente radicata sul territorio della Capitale attraverso la gestione di sale giochi, tabaccherie, ristoranti, pasticcerie, gastronomie, panifici, aziende preposte al ritiro delle pelli e degli olii esausti, di rivendita e noleggio auto, società di intrattenimento e gioco scommesse autorizzato, fino al settore ittico.
Nelle indagini, è risultato evidente il ricorso da parte degli accusati a intestazioni fittizie per schermare la reale titolarità delle attività.
Le indagini
Le indagini da parte della Direzione Investigativa Antimafia, coordinate dalla DDA di Roma con il supporto della rete @ON finanziata dall’Unione Europea e di personale delle Questure e dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Roma, Cosenza ed Agrigento, hanno portato al sequestro di 25 società, per un valore di 100 milioni di euro.
L’operazione rappresenta la prosecuzione del blitz dello scorso 10 maggio a Roma, in cui sono state eseguite 43 misure cautelari nell’ambito della maxi inchiesta “Propaggine”, che aveva colpito il gruppo legato alla famiglia degli Alvaro, originaria di Cosoleto (RC).
La chiave di volta per le indagini che hanno ricostruito i vertici della “locale” di Roma è stata la confisca del forno “Briciole e Delizie” sulla via Tuscolana, in zona Furio Camillo, acquisito dal boss Vincenzo Alvaro e lasciato alla figlia Carmela, anche lei destinataria del provvedimento odierno.
Dopo la confisca del forno da parte delle autorità, Carmela Alvaro aveva tirato giù la saracinesca per sequestrare e minacciare per 15 minuti un ufficiale giudiziario rappresentante dello Stato, che si è poi salvato grazie a un fornitore giunto a consegnare il latte. È da qui che si è mossa la seconda parte dell’inchiesta “Propaggine”.
Lo schema “ciclico” della cosca
L’attuale provvedimento – in cui è stato colpito, stavolta, il braccio imprenditoriale della cosca (gestito da Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro) – ha consentito di ricostruire l’applicazione sistematica di uno schema collaudato, di un modello finanziario “ciclico”, tipizzato nello schema di abbandono della società ritenuta compromessa e utilizzo di una società nuova; acquisizione della ditta e dei contratti di locazione con la distrazione di beni, stigliature, insegne e avviamento dell’azienda appartenente alla società da abbandonare; individuazione dei nuovi intestatari fittizi attraverso i quali continuare a possedere le attività commerciali e mantenere il controllo delle stesse.
È stato notato come, una volta acquisiti gli esercizi aziendali, ne venissero ottenuti di frequente anche gli immobili, versando, all’atto dell’acquisto, un anticipo spesso insignificante e diluendolo poi in centinaia di rate, garantite da cambiali, che secondo le intercettazioni erano in realtà pagate in contanti.
Venivano effettuate dunque, presso i terminali delle tabaccherie di controllo delle società indiziate, operazioni di ricarica di carte postepay fittiziamente intestate a terzi, utilizzando lo scoperto garantito da Sisal, che successivamente veniva reintegrato con versamenti contanti.
Le parole del Ministro dell’Interno Piantedosi
All’operazione, il plauso del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
«Complimenti alla Direzione investigativa antimafia per l’operazione di questa mattina coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, nei riguardi di un sodalizio criminale ‘ndranghetista radicato sul territorio romano e dedito alla gestione e al controllo di attività economiche – ha dichiarato Piantedosi – Agire con determinazione contro le aggressioni al tessuto economico e sociale è fondamentale per dare una risposta concreta alle comunità locali. Ringrazio ancora una volta – ha concluso il ministro – magistratura e forze di polizia per l’impegno straordinario che stanno profondendo per prevenire e contrastare le organizzazioni criminali che tentano di occupare zone cittadine e settori economici».
di Laura Petrarca
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